Un giovane padre e suo figlio di otto anni camminano su una montagna. Il loro percorso, le notti in tenda, la vita all’aria aperta diventano occasioni di intimità e dialogo. Intanto in città quattro operai sono saliti su una gru, e una voce alla radio racconta le (dis)avventure di un produttore musicale negli anni Settanta.

«Il film lo abbiamo pensato e parlato a lungo, poi, una volta saliti sulla montagna lo abbiamo vissuto, camminato e respirato. Come un gioco, anche faticoso, ma sempre e comunque coinvolgente». (Sara Pozzoli)

«Penso a quei western dove qualcuno insegue qualcun altro per le grandi praterie, cercando le impronte degli zoccoli dei cavalli nella polvere, studiando le tracce di un bivacco, scrutando dall’alto di una rupe un sentiero invisibile». (Giovanni Maderna)

Eugenio, il figlio, Giovanni, il padre, e una donna, Sara, che osserva senza farsi vedere. E poi la voce di un produttore musicale, gli operai in lotta, e tanti altri personaggi. Un racconto intimo? Un documentario narrativo? Una testimonianza politica? Un romanzo di formazione (sia per il figlio che per il padre)? Un western? Un diario di viaggio? Può darsi tutto o niente di questo, o altro ancora. Ma poco importa definire, è il cinema a produrre e moltiplicare i generi e non viceversa. La vita come le storie camminano lungo sentieri ininterrotti e non aderiscono ai format. (Mazzino Montinari)