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LA PRIMAVERA DEL CINEMA ITALIANO?
09/09/2011
Organizzato dalla rivista «Micromega», che ha da poco pubblicato un almanacco dedicato esclusivamente al cinema, l’incontro “Cinema e impegno civile: la primavera della speranza?” ha visto la partecipazione di Alice Rohrwacher (regista di Corpoceleste), Emilio Carnevali (redattore di «Micromega»), Federico Pontiggia (giornalista de «Il fatto quotidiano») e Alberto Crespi (critico de «L’unità»).

I partecipanti si sono interrogati su una questione largamente dibattuta nell’ultimo periodo, ovvero se la recente perdita di terreno da parte dei cinepanettoni e l’emergere di un nuovo gruppo di giovani registi, possa essere o meno considerata il segnale di una nuova fioritura del cinema italiano. Una prima risposta la dà Crespi: «Dopo aver vissuto un po’ di queste giornate veneziane, si può dire che è un risveglio ancora a metà; in questi giorni abbiamo visto bei film e altri che non sembrano raccontare la fine di questa stagione».

Secondo Pontiggia, invece, «forse si può parlare di risveglio, ma ci troviamo ancora in un guado. È certo, tuttavia, che si sta facendo strada una nuova onda del cinema italiano, molto attenta ai temi della memoria e ai luoghi antropici, collocati al centro di un fertile scambio tra presente, passato e futuro».

Cristallina è la visione della Rohrwacher in merito alla situazione attuale: «Più che nell’avvento di nuovi autori, categorizzazione che non amo molto, credo nelle opere, che nascono dall’incontro tra pubblico e produttori. Non so se sia un’autentica primavera del cinema italiano quella in corso, però è certo che c’è più fiducia, ci sono nuove persone che provengono da una ricerca autonoma e non solo dai percorsi ufficiali come le scuole di cinema».

La Rohrwacher, facendo involontariamente eco alle parole di Robert Guédiguian, spiega anche la propria contrarietà a un cinema scisso dai propri fruitori: «un segno positivo risiede secondo me nella crescente di fiducia nel pubblico da parte dei nuovi cineasti. Spesso si sente dire: “Questa cosa non si può fare perché al pubblico non piace”, come se gli spettatori fossero in una posizione di subalternità rispetto a chi fa un film. Io e altri registi abbiamo cercato di oltrepassare questo pregiudizio».

La direzione che la regista dichiara di aver intrapreso è quella di un cinema «che si colloca in mezzo ai fatti, cercando di interpretarli». È ancora presto per dire se il cinema italiano sia veramente alle soglie di una nuova stagione; certo è che, ascoltando le parole della Rohrwacher e di altri suoi colleghi, ma soprattutto osservando le loro opere, ricche di idee, coraggio e impegno, sembra che gli ingredienti per un cambiamento significativo ci siano già tutti.
Francesco Bonerba