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Valerio Jalongo

(Roma, 1960) si è laureato in filosofia nel 1985 e nello stesso anno ha diretto Il volo, episodio del film Juke-box realizzato in collaborazione con Daniele Luchetti e Carlo Carlei, saggio finale della Scuola di Cinema Gaumont. Ha studiato negli Stati Uniti e riceveto il Master of Arts in Cinema dall’Università della Southern California con Dream City (1988), che ha ricevuto anche il Premio Vittorio De Sica. Nel 1996 ha realizzato il suo primo lungometraggio Messaggi quasi segreti, premiato come Miglior film al Festival Internazionale Scrittura e Immagine 1997, e invitato ai festival di Montreal, Mar del Plata, Mosca e Dublino. Per due anni ha condotto un gruppo di scrittura creativa con i detenuti del carcere romano di Rebibbia. Nel 2005 ha realizzato Sulla mia pelle presentato in concorso al Festival Internazionale di Torino e a quello di Bangkok. Attualmente è impegnato nella preparazione del film Laria, la cui sceneggiatura è stata finalista al Premio Solinas 2002.

Quando, esattamente quattro anni fa, iniziammo a discutere con altri registi intorno all’idea di un’indagine o un “Film Bianco” sul cinema italiano eravamo coscienti della difficoltà dell’impresa. Era dai tempi de La macchina cinema di Agosti, Bellocchio, Petraglia e Rulli che non si tentava un racconto del cinema italiano: esattamente trent’anni, gli anni che ci separano da quel bivio che per il nostro paese hanno rappresentato gli anni Settanta. Questo lungo silenzio, questa assenza, sono già di per sé eloquenti. Che cosa è successo al cinema italiano? Perché si è interrotta quella stagione che aveva visto il nostro cinema primeggiare nel mondo sia artisticamente che commercialmente dal dopoguerra agli anni Settanta? A differenza di altri misteri italiani, qui non ci sono cadaveri, né stragi; non ci sono state indagini né processi, e neanche prime pagine dei giornali. Tra i tanti misteri senza soluzione che affollano quegli anni, questo è tra i più trascurati: forse perché in Italia tutto ciò che non è parola scritta o informazione non viene considerato qualcosa di autenticamente importante dal punto di vista culturale.
Valerio Jalongo