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#02 POLIZIOTTI SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI
02/09/2005
Il quarto lungometraggio di Xavier Beauvois può essere definito un ottimo poliziesco, ben costruito, che mette in scena un nuovo venuto nella sezione criminale della polizia giudiziaria di Parigi, ma in realtà sfugge alle regole del film di genere. Non si concentra infatti né sui crimini né sui criminali, prima di tutto, ma sulla vita quotidiana dei poliziotti, ritratti come persone qualunque, con problemi di famiglia o di alcolismo.
Comunque, il regista sfrutta il potenziale del thriller, dei fatti di sangue che eccitano lo spettatore e che in qualche modo gli stessi poliziotti si augurano di incontrare più spesso sulla loro strada, come dimostrano i numerosi poster di film d'azione che arredano gli uffici del commissariato: Seven, Il buono, il brutto, il cattivo.
Quindi, il vero tema del film non è l'inchiesta sulla morte miserabile di un vagabondo, ma la distanza che corre tra il dovere dei poliziotti di incarnare il "bene" e le loro debolezze private.
Il personaggio del capitano (Nathalie Baye) ben rappresenta il contrasto ai limiti della personalità "borderline" tra alto impegno professionale e crisi di alcolismo. Anche il giovane luogotenente suo protetto, che appare un serio ragazzo venuto dalla provincia, viene travolto dall'esaltazione per le armi e la lotta contro il crimine. La macchina da presa, che contempla in silenzio i visi dei personaggi (senza musica, per non intralciare l'analisi psicologica dei personaggi), ben rende l'impressione che i personaggi siano sempre sull'orlo del baratro, tesi nello sforzo di contenere le loro emozioni profonde.
La bellezza e la verità di questo film deriva proprio dalla sua sobrietà. Il regista guida lo spettatore con il suo occhio ma senza mediare la realtà.

Definiresti il tuo film un noir? E se lo è, da chi sei stato influenzato?
Mia moglie non dice che è un noir, ma io dico di si. Avevo desiderio di fare un film di genere, ma da una prospettiva diversa: invece di parlare dei criminali, volevo parlare dei poliziotti, per fare qualcosa di nuovo. Mi sono messo a studiare la loro vita sul posto di lavoro, e se è vero che il mio film è un film di genere, non posso però dire di essere stato influenzato da altri film e certamente non dalle fiction televisive, che mi annoiano dopo cinque minuti.
Ho filmato quello che vedevo. E' la mia morale come regista. Per questo ammiro Maurice Pialat, Rossellini e anche Cassavetes. Non voglio mentire al mio pubblico, nemmeno per ottenere delle belle immagini. Le petit lieutenant potrebbe essere definito un documentario, rispetto a tutti i film che ho visto sinora su questo tema. Per esempio, la prima scena riprende una reale cerimonia militare e una ventina di personaggi sono interpretati da attori non professionisti.
I personaggi sembrano tutti "borderline". Come li hai diretti per far parlare così bene i loro volti e i loro silenzi?
C'è una differenza il commediante e il vero attore. Il primo, recita il personaggio. Il secondo, lo diventa. Per evitare che i miei attori recitassero in maniera artificiale, gli ho chiesto di non imparare a memoria la sceneggiatura. La leggevano solo la mattina, provavamo un paio di volte e basta. A volte, giravo fingendo che fosse una prova così non perdevano di naturalezza.
Sei un cinefilo?
Non vado al cinema tanto per andarci ma ci sono alcuni autori di cui mi fido ciecamente.

Bénédicte Prot
www.cineuropa.org
Nella photogallery, immagini di Michele Lamanna


Xavier Beauvois        Xavier Beauvois